Negli Stati Uniti ha fatto notizia, di recente, un nuovo test clinico per l’uso del CBD in forma iniettabile. Per la prima volta un’azienda americana propone di somministrare il principio attivo direttamente in vena anziché tramite i tradizionali oli o capsule: una novità assoluta nel campo della medicina che andrà ora ulteriormente studiata e testata, prima di poter essere approvata per l’uso clinico.
È stata l'azienda californiana Pico IV a proporre di usare CBD purificato in soluzione per via endovenosa. L’idea di base è che inserendo il CBD direttamente nel flusso sanguigno si possa ottenere un effetto più rapido e potente, poiché il principio attivo raggiunge subito l’organismo senza dover passare attraverso il sistema digestivo. In ambito ospedaliero, la somministrazione endovenosa viene già utilizzata per farmaci che richiedono un’azione immediata: applicare questa modalità anche al CBD potrebbe quindi amplificarne i benefici terapeutici nelle situazioni in cui serve un sollievo rapido.
Cos’è il CBD iniettabile e come funziona
Il cannabidiolo è un composto naturale estratto dalla pianta di Cannabis sativa, noto per possedere diversi potenziali effetti benefici sulla salute. Attualmente è impiegato in medicina in altre forme approvate dalla FDA (l’agenzia regolatoria degli Stati Uniti).
La soluzione iniettabile rappresenta invece un approccio del tutto nuovo: prevede di introdurre il cannabinoide per via endovenosa, ovvero tramite una flebo. La startup californiana Pico IV ha sviluppato una formulazione purificata di CBD progettata appositamente per l’infusione endovenosa, dichiarando che il prodotto è “completamente sterile e sicuro” per questo utilizzo. In pratica, il CBD viene disciolto in una soluzione adatta all’infusione e somministrato lentamente direttamente in vena, consentendo al principio attivo di diffondersi immediatamente nel circolo sanguigno.
Potenziali applicazioni terapeutiche
La motivazione alla base di questa sperimentazione è la possibilità di sfruttare al meglio le proprietà terapeutiche del CBD in ambito medico. Questo ha infatti mostrato attività antinfiammatorie e analgesiche, oltre a effetti ansiolitici e neuroprotettivi, ed è oggetto di continui studi per diverse patologie.
Nel caso specifico dell’infusione endovenosa, Pico IV sostiene – in base a testimonianze raccolte sul proprio sito – che questa modalità potrebbe aiutare pazienti affetti da dolore cronico grave, da malattie infiammatorie croniche (come il Crohn) e da artrite, migliorandone i sintomi. L’azione rapida dell’iniezione potrebbe rivelarsi utile anche per chi soffre di crisi acute di dolore o altri disturbi improvvisi in cui un effetto immediato è cruciale. È importante sottolineare che tali applicazioni sono ancora ipotetiche: l’efficacia concreta della somministrazione endovenosa dovrà essere verificata con studi clinici rigorosi prima di poter essere confermata e accettata dalla comunità medica.
Il parere degli esperti
Questa sperimentazione del CBD iniettabile è agli inizi e si trova sotto la lente delle autorità sanitarie. Al momento il prodotto non è approvato come farmaco: anzi, la FDA ha recentemente inviato a Pico IV una lettera di avvertimento ufficiale, affermando che la commercializzazione di CBD in forma iniettabile viola la normativa federale vigente. L’agenzia ha definito il prodotto “particolarmente preoccupante” dal punto di vista della salute pubblica, sottolineando che iniettare qualsiasi sostanza direttamente nel circolo sanguigno comporta rischi di gravi danni per il paziente. Infatti, l’infusione bypassa molte delle difese naturali dell’organismo (pelle, apparato gastrointestinale) che normalmente filtrano batteri e tossine, aumentando il pericolo di infezioni o reazioni avverse. In sostanza, prima di poter considerare sicuro un trattamento del genere, la FDA richiede evidenze che dimostrino la sterilità, la purezza e la sicurezza del prodotto iniettabile.
Dal canto suo, l’azienda ha risposto dichiarando di voler collaborare con le autorità, assicurando che la sicurezza dei pazienti è la priorità assoluta. Joe Young, CEO di Pico IV, ha affermato in una nota inviata ai media che il loro processo produttivo è progettato proprio per garantire la massima sterilità e sicurezza del CBD iniettabile. Queste rassicurazioni, tuttavia, non bastano: per poter un giorno utilizzare il CBD in flebo nella pratica medica comune, saranno necessari studi clinici approfonditi e dati solidi a supporto. Gli esperti del settore evidenziano la necessità di avere validazioni scientifiche rigorose e maggiore chiarezza normativa prima di abbracciare innovazioni come questa.
L’idea del CBD iniettabile rappresenta una potenziale nuova frontiera per le terapie a base di cannabis: potrebbe offrire benefici più rapidi e mirati per i pazienti, ma al tempo stesso solleva dubbi legittimi in termini di sicurezza. La vicenda in corso negli USA insegna che l’innovazione in medicina richiede cautela: sarà fondamentale procedere con rigore scientifico, mettendo sempre al primo posto la tutela del paziente e basandosi su evidenze cliniche, prima di adottare su larga scala questo promettente ma delicato approccio terapeutico.